l'Unita' del 17/10/2005
Ucciso vicepresidente Consiglio della Calabria
Locri, agguato mafioso al seggio delle primarie.
Killer freddano Francesco Fortugno
Aldo Varano

Locri (Reggio Calabria) - Cinque colpi di calibro 9, così a Locri due killer hanno ucciso Francesco Fortugno. Loiero presidente della Regione: «Siamo agli squadroni della morte». S'è svolto tutto in una manciata di secondi. Franco Fortugno, vice presidente del Consiglio regionale, sta uscendo dal seggio di via Nieddu del Rio di Locri dove, dopo aver votato, s'è fermato un bel po' di tempo per salutare amici ed elettori. Lo accompagna verso la strada un nipote, scrutatore del seggio. Nell'androne del palazzo, entrano due persone. Secondo alcuni, col passamontagna; per altri, con cappello e ampia visiera per nascondere il volto. Qualcuno si stupisce: vengono a votare col passamontagna? I due si avvicinano all'importante uomo politico e gli sparano, quasi poggiando la canna dell'arma contro il corpo. Una, due, cinque volte. Al petto e in testa. Un'esecuzione che implica sangue freddo, mestiere, capacità di approfittare del terrore che si impadronisce della gente. E si dileguano, come due veri professionisti di altissimo livello. Pare con la macchina di un complice.
Siamo sulla strada più importante di Locri. Ci sono il via vai della gente e, intorno a palazzo Nieddu, la confusione allegra del popolo di centrosinistra che va a votare. Ma loro, i macellai, sfilano senza panico e spariscono.
Pochi attimi Fortugno viene immediatamente soccorso da un medico che sta per andare a votare. Pochi istanti e arriva l'autoambulanza del 118 che parte a sirene spiegate verso l'ospedale, il suo ospedale, quello dove Franco è da tanti anni primario, ora in aspettativa per assolvere ai suoi compiti istituzionali. Locri è una della grandi capitali della 'ndrangheta. Nessuno può arrivare qui e uccidere impunemente una persona tanto importante senza una decisione formale delle cosche che controllano il territorio. Un omicidio come questo viene discusso, approvato, minuziosamente pianificato. Si scelgono giorno e modalità, che hanno significati precisi. Chi ha deciso che Fortugno morisse ieri sapeva perfettamente che era il giorno dell'Unione, della mobilitazione estrema della politica calabrese che pochi mesi fa ha stravinto le elezioni promettendo di rivoltare la Calabria come un calzino. Sapeva esattamente che veniva ammazzato il vice presidente del Consiglio di una Regione il cui presidente è valutato dai servizi di protezione «obiettivo 2», il livello immediatamente inferiore a quello delle massime autorità della Repubblica, dove centinaia di sindaci e di assessori comunali (quelli di cui si è saputo) sono stati intimiditi, minacciati, terrorizzati. Insomma, la 'ndrangheta ha capacità di valutazione. Se delibera un gesto di sfida tanto audace e arrogante, tanto impensabile, vuol dire che s'è convinta della sua assoluta necessità.
Una manciata di secondi, cinque colpi e la Calabria sprofonda nel baratro del terrore perché la 'ndrangheta manda a dire a tutti che si vuole sedere anche lei al tavolo che conta e che nessuno può essere tanto folle da immaginare di lasciarla fuori. Spiega a quelli che vorrebbero rivoltare la Calabria come un calzino che farebbero meglio a pensarci bene. Suggerisce che è più salutare per tutti darsi una calmata specie ora che c'è quella montagna di quattrini per i lavori della 106 che attraversa la Locride, quando inizia il business vero del Ponte, mentre bisogna completare l'autostrada e fare il accordo tra Jonica e Tirrenica.
Franco Fortugno era alla seconda legislatura regionale. Alle spalle, un lungo impegno nel sociale e anni passati alla direzione della Cisl medici della Calabria, aveva fatto parte anche dell'esecutivo nazionale del suo sindacato.
Tanti anni di politica e mai una chiacchiera, mai un sospetto inquietante. Anzi di lui si parlava come di uno che intrecciava la politica alle scelte etiche. Insomma, un politico trasparente. Soprattutto, da tutti giudicato «uno degli uomini più miti della politica calabrese». Aveva sposato una Laganà, famiglia di professionisti da sempre in politica. Il suocero, Mario Laganà, è stato deputato Dc per due legislature. Lo zio della moglie, assessore Dc della Regione a lungo. I Laganà nei decenni scorsi sono stati talvolta al centro di discussioni e polemiche, ma mai per motivi di malaffare o di collusioni mafiose. Di Franco Fortugno si può dire che più che un uomo potente era un uomo prestigioso della Calabria. Una circostanza che infittisce il mistero della sua morte e suggerisce l'ipotesi, lo sottolinea Marco Minniti, di «un alto contenuto simbolico del delitto». Il leader dell'Unione calabrese che si è precipitato a Locri (come Loiero, il presidente del Consiglio Giuseppe Bova, gli onorevoli Luigi Meduri e Mimmo Bova), visibilmente provato come tutti gli altri, parla di un «omicidio mafioso e di un evidente messaggio politico che va oltre la Calabria». Minniti aggiunge: «È ora che si comprenda, a partire dal governo nazionale, che la posta in gioco è se questa parte d'Italia deve continuare a far parte della repubblica o diventare un protettorato della mafia».
Il presidente Ciampi ha telefonato a Loiero per esprimergli «vicinanza e sentimenti di cordoglio». Tutti i leader nazionali del centro sinistra hanno rilasciato dichiarazioni sottolineando la straordinaria gravità della situazione calabrese. Piero Fassino ha parlato di «una giornata funestata da un evento molto grave» sottolineando che questo episodio terribile «deve destare allarme perchè accade in quella Calabria dove negli ultimi due anni moltissimi amministratori e uomini pubblici e politici del centrosinistra sono stati destinatari di attentati, intimidazioni e episodi di violenza. Penso che anche questo episodio drammatico debba sollecitare lo Stato e i suoi poteri ad alzare il livello di intervento per garantire la sicurezza dei cittadini». Oggi si riunirà in seduta sraordianria il Consiglio regionale.