Lunedì 17 Ottobre 2005, 17:53
Calabria: Omicidio Fortugno - Russo Spena (Prc), 'Ndrangheta Cerca Nuovi Equilibri (2)
Di (Sin-Pec/Pe/Adnkronos)
(Adnkronos) - ''Siamo di fronte -ha avvertito ancora Russo Spena, in una nota- ad un assassinio annunciato. Con l'uccisione del dottor Fortugno rischia di riaprirsi la stagione dei grandi omicidi politici. E' bene comprendere che non siamo di fronte ad un assassinio isolato. Le stesse modalita' dell'assassinio dimostrano che esso nasce dal tentativo di ricontrattare gli equilibri politici e dal tentativo, che le mafie fanno, di non essere estromesse da settori e servizi (come la sanita', innanzitutto) che sono parte integrante dei processi di accumulazione mafiosa e dell'intreccio tra economia legale e illegale''.
TRATTO DA http://it.news.yahoo.com/051017/201/3fwsv.html

----------------------------------------------

Lunedì 17 Ottobre 2005, 17:45
Calabria: Anci Su Omicidio Fortugno, La Mafia Ha Cambiato Strategia (2)
Di (Prs/Pe/Adnkronos)
(Adnkronos) - ''La mafia ha cambiato strategia -dichiara Iacucci- Alcuni lo scoprono solo oggi, dopo lo sconvolgente delitto Fortugno. Noi lo stiamo dicendo, anzi urlando, da almeno due anni, purtroppo inascoltati. La stessa riunione straordinaria del Consiglio regionale di un anno fa, alla presenza del ministro Pisanu, si e' rivelata, alla lunga, solo un vuoto ed inutile rituale. I sindaci sono stati lasciati soli, a combattere questa disperata guerra contro un nemico invisibile e insidioso. Dai Comuni, il livello dell'attacco mafioso e' passato alla Regione. Si puo' dire che nessuno dei politici ed amministratori locali della Calabria sia al sicuro o, comunque, garantito rispetto al pericolo di attentati''.
TRATTO DA http://it.news.yahoo.com/051017/201/3fwsw.html

----------------------------------------------

n. 40 del 17-10-05 pagina 5
Ucciso al seggio il vicepresidente della Calabria
di Cristiano Gatti

Francesco Fortugno, esponente di spicco della Margherita, è stato freddato con cinque colpi di pistola sparati da un sicario
Il killer è riuscito a scappare. Caligiuri (Fi): «Qui non si può fare politica»
Cristiano Gatti

Mentre l’Italia inaugura le primarie sentendosi per un giorno un po’ America, improvvisamente le agenzia di stampa rilanciano una notizia che sa molto di Bagdad. Un politico di primo piano freddato in prossimità dei seggi elettorali: terribilmente usuale in Irak e negli altri anfratti del mondo oppresso, terribilmente eclatante in una qualunque delle regioni occidentali. Purtroppo, ancora una volta tocca alla Calabria. A cadere sotto il fuoco dei killer è Francesco Fortugno, vicepresidente del consiglio regionale ed esponente di spicco della Margherita locale. Dice il governatore di Calabria, Agazio Loiero: «Questa è diventata una Regione in cui la vita costa pochissimo. C’è stata un’escalation sottovalutata, negli ultimi anni. Quando si spara, di giorno, in un seggio, al vicepresidente del Consiglio regionale, significa che ogni limite è stato travalicato». Il sottosegretario alle Attività produttive, Giovan Battista Caligiuri, commenta: «In Calabria non si può fare politica». Ed è tutto quello che rimane da dire. Il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu oggi sarà in Calabria, non si sa ancora se si tratterrà per partecipare alla riunione straordinaria del consiglio regionale.
Cornice della spietata esecuzione, come già troppe volte è successo per tante altre esecuzioni, Locri. In pieno centro, lungo corso Vittorio Emanuele. Qui, all’interno di Palazzo Nieddu, è allestito un seggio delle primarie di centrosinistra. E qui, poco dopo le 17, arriva in macchina Francesco Fortugno. Stando alle prime testimonianze, sulla sua scia c’è un’altra vettura con due uomini. Quando il politico parcheggia, anch’essi parcheggiano. Fortugno entra a Palazzo Nieddu per votare. Pochi minuti alle urne, quindi torna nell’androne. Qui si ferma a parlare con alcuni amici, prima di raggiungere Reggio Calabria, dove è atteso per altri impegni politici. Ma proprio mentre si intrattiene qualche istante, alle sue spalle si fa largo un uomo vestito di nero, con il bavero della giacca alzato e un cappello nero che copre parte del volto. È armato di pistola calibro 9. Il killer agisce in modo fulmineo, portandosi a brevissima distanza dal suo obiettivo. Cinque i colpi sparati a bruciapelo. Quindi, con lucida freddezza, abbandona il seggio elettorale e risale sulla macchina che lo aspetta in un vicolo, guidata dal complice. Di loro, nessuna traccia.
Dopo l’agguato, Fortugno resta sul pavimento agonizzante. I soccorsi del 118 lottano per salvargli la vita, ma durante il trasporto verso l’ospedale ogni cura risulta inutile. Muore a 54 anni, nella sua terra, senza che nessuno al momento sappia trovare un perché.
Chi sia il personaggio, in Calabria, è risaputo. Medico di 54 anni, originario di Brancaleone, sposato con la signora Maria Grazia e padre di due figli, Fortugno siede nel consiglio della sua regione per la seconda legislatura. Nell’ultima tornata elettorale aveva raccolto quasi novemila voti nella circoscrizione di Reggio, primo eletto della Margherita. In politica era entrato agli inizi degli anni Novanta, consigliere comunale Dc a Melito Porto Salvo. Aveva ricoperto anche incarichi sindacali, come segretario regionale della Cisl medici. Passato poi nel ’95 al Ppi, era entrato in consiglio regionale nel 2001, prendendo il posto - come primo non eletto - di Luigi Meduri, divenuto deputato. Prima di chiedere l’aspettativa per darsi alla politica, Fortugno aveva diretto come primario il pronto soccorso dell’ospedale di Locri. Al suo attivo anche una cattedra nella facoltà di medicina dell’università catanzarese. Il mondo politico calabrese lo ricorda uomo tollerante e sempre disposto al dialogo. Ancora Loiero: «Era mite e generoso, per questo non aveva niente da temere. L’hanno ucciso ai seggi perché era sin troppo facile sapere che si sarebbe recato lì tranquillamente».
Mentre la lugubre serata delle primarie insanguinate porta all’obitorio, davanti alla salma, tantissimi esponenti locali e nazionali, appare subito evidente che anche questa volta non sarà facile dare un’etichetta al clamoroso assassinio. «Le modalità sono mafiose, il messaggio è inequivocabile. E anche il luogo è simbolico», commenta il vicepresidente della Regione Nicola Adamo.
Per arrivare a elementi più certi, su Locri si portano subito alcuni uomini dello Sco (il Servizio operativo centrale della direzione anticrimine), già presenti in Calabria per altre indagini. «Comunque è troppo presto - spiega ai cronisti il procuratore della Repubblica di Locri, Giuseppe Carbone - per formulare qualsiasi ipotesi sul movente dell’omicidio».
Dichiarazioni doverosamente generiche. Non è un mistero però che la pista più battuta sarà quella degli interessi nel settore Sanità: in ambito regionale muovono appetiti enormi. Fortugno seguiva da medico e da politico la materia. È Locri, non è Bagdad: ma nell’ambiente minato degli appalti e delle nomine, un semplice «no» può diventare la sigla in calce di una condanna a morte.
IL GIORNALE   17 OTTOBRE 2005

----------------------------------------------

CATANZARO, 15.50
FORTUGNO: GLI INTERESSI DELLA 'NDRANGHETA NELLA SANITA'/ANSA
17/10/2005 15.50.00
[Salute]
(ANSA) - CATANZARO, 17 OTT - Sono vasti e molteplici gli interessi della 'ndrangheta nel mondo della sanita'. Proprio per tale motivo, polizia e carabinieri stanno considerando attentamente l' ipotesi che l' assassinio ieri a Locri del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno, possa essere collegato al suo impegno proprio sulle questioni della sanita'. Quello sanitario, peraltro, e' uno dei settori in cui si concentra il maggiore impegno di spesa della Regione Calabria, attraverso i finanziamenti del Fondo sanitario nazionale. Un enorme flusso di denaro che non puo' non fare gola alle organizzazioni criminali, che hanno sempre tentato di inserirsi in questo contesto per accaparrarsi una quota dei finanziamenti. I tentativi di ingerenza delle cosche nel settore sanitario sono emersi, in passato, in numerose inchieste condotte dalle Procure distrettuali di Catanzaro e Reggio Calabria. Sono elementi che sono stati approfonditi nelle indagini sugli interessi delle organizzazioni criminali, in particolare, negli appalti, nelle forniture di materiale sanitario e nell' attivita' delle strutture sanitarie convenzionate. In questo senso, la Regione si e' sempre cautelata, richiedendo alle imprese che partecipano agli appalti i certificati antimafia. Un possibile ostacolo facilmente aggirabile, comunque, con l' utilizzo di prestanome da parte delle cosche che in questo modo hanno potuto lucrare somme enormi. Fortugno, medico e primario, prima di entrare in politica, del pronto soccorso dell' ospedale di Locri, combatteva da tempo proprio contro le ingerenze delle organizzazioni criminali nel settore sanitario. Su questo argomento il suo impegno era praticamente quotidiano. E nulla esclude che proprio con tale attivita' di contrasto abbia potuto ''disturbare'' chi per conto delle cosche agisce, anche dietro insospettabili ruoli amministrativi o politici, per inserirsi negli affari della sanita' calabrese. Peraltro, la Giunta regionale presieduta da Agazio Loiero ha fatto della lotta agli sprechi proprio nel settore della sanita', e di quella piu' in generale contro qualsiasi illegalita', uno degli assi portanti della propria attivita', razionalizzando la spesa ed individuando metodi operativi e personalita' nuove nel tentativo di dare al settore la massima efficienza.(ANSA). DED (Riproduzione Riservata)

----------------------------------------------

Spari al seggio delle primarie: politico ucciso  Locri, agguato durante il voto contro Fortugno della Margherita. Era vicepresidente del consiglio calabro
    

LOCRI (Reggio Calabria) - Cinque colpi di pistola al petto. L’amico medico, Nicodemo, che accorre e tenta di praticargli un massaggio cardiaco. Le grida della gente, circa cinquanta persone, in attesa di poter votare per le «primarie» del centrosinistra. L’auto del cognato, Fabio Laganà, che sfreccia a tutto gas verso l’ospedale cittadino. Sono i fotogrammi immediatamente successivi all’assassinio di Francesco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, ucciso, ieri pomeriggio, nell’atrio di palazzo «Nieddu», uno dei seggi della consultazione, nel centro di Locri.

IL KILLER - A sparargli un solo killer, con il volto nascosto dal bavero di un giubbotto nero e da un cappellino che gli copriva appena la fronte. Il sicario, che vestiva pantaloni di pelle attillati, si è avvicinato a Fortugno e, senza dire nulla, gli ha scaricato addosso cinque colpi di una calibro 7x21, da una distanza di circa 50 centimetri. Poi, con l’arma ancora fumante, ha attraversato la strada, con passo svelto, incurante del traffico che, a quell’ora, erano le 17,22, è intenso e particolarmente lento. Si è diretto verso una strada poco illuminata. Forse lì, ad attenderlo, c’era un complice. Probabilmente la stessa persona che, poco prima, lo aveva lasciato a qualche metro di distanza dal cancello d’ingresso dell’antico palazzo locrese, da poco restaurato dall’amministrazione comunale. I due, infatti, sono arrivati davanti all’ingresso dell’edifico a bordo di un’auto di piccola cilindrata.

IL RACCONTO - Questo il racconto dell’avvocato Antonio Alvaro, una delle persone che ha assistito all’omicidio: «Con l’onorevole Fortugno e altri amici - dice il penalista locrese - ci trovavamo all’interno del cortile di palazzo "Nieddu", a pochi metri dal cancello d’ingresso. Alle nostre spalle c’era la stanza adibita a seggio elettorale in quel momento piena di gente. Francesco Fortugno era appoggiato a una trave di cemento; attorno a lui il cognato, Fabio Laganà, il medico Nicodemo Piccolo, il giornalista del Quotidiano della Calabria Pino Lombardo. Stavamo discutendo di politica. Squilla il mio telefonino; il segnale all’interno del palazzo non è granché e, quindi, sono stato costretto a uscire fuori. Non mi sono allontanato di molto. Avevo appena agganciato il segnale, quando ho visto arrivare un’autovettura, che s’accosta al marciapiede, a qualche metro dall’ingresso di palazzo "Nieddu". Dall’auto scende un individuo quasi mascherato, pistola in pugno. Si dirige verso l’androne del palazzo che ospita i seggi per le primarie. Il complice alla guida dell’auto, invece, anche lui con il volto coperto, ingrana la marcia e va via. Stavo per chiedere all’individuo mascherato: "Cosa ci fai vestito da black bloc? Ma non ne ho avuto il tempo. Ho solo sentito degli spari. Mi sono girato e ho visto la stessa persona che appena pochi attimi prima era scesa dall’auto dirigersi veloce dall’altra parte della carreggiata». Fin qui il racconto.

IL MESSAGGIO - Colpito a morte Francesco Fortugno è caduto tra le braccia dei suoi amici. Inutile la corsa all’ospedale. Chi ha deciso la morte di un politico così esposto ha certamente messo in conto il pericolo a cui andava incontro compiendo un agguato in una zona frequentata. Ma, soprattutto, perché uccidere Francesco Fortugno, primario del pronto soccorso in aspettativa ed esponente di primo piano della Margherita, nella Locride, all’interno di un edifico dove si stavano svolgendo le «primarie»? Forse un segnale politico? Certo è che tutti conoscevano le abitudini e gli spostamenti del vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria. La chiave per risolvere il delitto potrebbe essere proprio nella decisione di ucciderlo davanti a decine di persone. E il killer conosceva bene il suo volto. I carabinieri durante il sopralluogo a palazzo «Nieddu» a Locri. Sopra, la vittima, Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria

Carlo Macrì
IL CORRIERE DELLA SERA   17 OTTOBRE 2005

----------------------------------------------

IL PERSONAGGIO
Medico e cacciatore, era stato il più votato
    «L’ho visto giovedì, era sereno - ricorda Nicodemo Oliverio, calabrese, parlamentare della Margherita -. Tornava dagli Usa, era stato al Columbus Day e aveva promosso un gemellaggio tra la Calabria e il West Virginia. Era contento, perché aveva incontrato tanti emigrati calabresi». E’ stata una delle ultime iniziative di Francesco Fortugno, il medico prestato alla politica assassinato ieri a Locri. Nato nel ’51 a Brancaleone, Reggio Calabria, Fortugno era specialista in chirurgia generale e medicina legale e primario (in aspettativa) del pronto soccorso dell’ospedale di Locri. Collaborava con la facoltà di medicina dell’università Magna Graecia di Catanzaro, da professore a contratto. Sposato con Maria Grazia Laganà, anche lei primario e figlia dell’ex parlamentare Dc Mario Laganà, aveva due figli, un ragazzo di 22 anni e una ragazza di 19. E’ morto da vicepresidente del Consiglio regionale: il punto più alto di un percorso politico iniziato negli anni ’90. Prima consigliere comunale Dc e vicepresidente dell’assemblea dell’Usl di Melito Porto Salvo, poi segretario regionale aggiunto nella Cisl medici di Reggio e membro dell’esecutivo nazionale Cisl medici. Nel 2001 era arrivato in Consiglio regionale subentrando a Luigi Meduri, eletto deputato. La conferma ad aprile 2005, primo degli eletti della Margherita a Reggio con 8.548 voti. Lo ricordano tutti come «un uomo mite, piacevole da frequentare, con il quale era impossibile litigare anche se la si pensava diversamente». Il suo hobby era la caccia, la domenica si alzava presto e andava nei boschi. Franco Bruno, coordinatore regionale della Margherita, non sa spiegarsi la sua morte: «Aveva un ruolo prestigioso, ma non era molto coinvolto nell’amministrazione». Oliverio la spiega così: «Ci sono zone in Calabria dove impegnarsi nel politico e nel sociale è rischioso. E’ un martire di questa terra». Ma. Po.
IL CORRIERE DELLA SERA   17 OTTOBRE 2005

----------------------------------------------

«Qui comandano i mafiosi, lo Stato ha perso la sovranità»
    «Se ne parlerà per un paio di giorni, massimo tre. Poi, saluti e baci, alla prossima. Sulla Calabria ci hanno messo una croce sopra, tutti. Maggioranza, ma anche opposizione». Vincenzo Macrì ha 61 anni, e se li sente addosso. Da quando esiste la Direzione nazionale antimafia (1993), è il magistrato che si occupa di ’ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria, Locride inclusa. «Di queste interviste, ne ho date tante. Ma non servono a nulla», dice. «Certe realtà sono troppo scomode, meglio far finta di niente»».
    Proviamo comunque a raccontarla, questa realtà.
    «Nella Locride ci sono stati ventidue omicidi in quattordici mesi. Di questi, solo quattro sono stati risolti. Quello che è successo ieri non è una sorpresa. Era questione di tempo».
    C’erano stati segnali?
    «Qui è tutto un segnale, da anni. Pochi mesi fa ero a una riunione dei sindaci dei comuni della Locride. Racconti da far spavento. Gente terrorizzata da intimidazioni anche fisiche. O sopportano, o rischiano la vita».
    E lo Stato dov’è?
    «Quale Stato? Qui in Calabria non è più un problema di pericolosità criminale. Esiste un problema di sovranità. La sensazione è che comandi la mafia, non certo gli amministratori onesti».
    La Calabria è una regione fuori controllo?
    «Fuori dal controllo dello Stato, questo è sicuro. Dalle vedette che controllano i campi coltivati fino ai grandi appalti, la ’ndrangheta è ovunque. Questa è una regione dove appare impossibile ripristinare una legalità appena decente».
    Abbia pazienza, ma la gente fatica a credere che lo Stato possa cedere un pezzo del suo territorio.
    «Eppure è così. Siamo andati troppo indietro. E’ stato cercato e ottenuto un indebolimento delle strutture giudiziarie, si è pensato solo ad attaccare i giudici che cercavano di porre un argine al fenomeno».
    A nome di chi?
    «Basta vedere le carte delle tante inchieste di cui nessuno parla. In Calabria la collusione tra politica e mafia è regola, è un assioma».
    Negli anni Novanta la ’ndrangheta sembrava in difficoltà. Poi cosa è successo?
    «Questa zona grigia, unita all’idea nefasta che i pm "non devono rompere a chi fa affari e politica" ha portato a una sottovalutazione consapevole del fenomeno».
    I risultati?
    «Devastanti. Se la mafia siciliana si è ritirata, la ’ndrangheta ha acquisito sempre più potere. Anche economico. Ed è pronta a difenderlo».
    Lei dice che il governo non fa nulla, o peggio. E l’opposizione?
    «Latita. Non è certo determinata a risolvere un problema sempre più irrisolvibile».
    Faccia un esempio.
    «Negli ultimi anni, dai banchi della maggioranza ci sono state interrogazioni a palate per chiedere conto dell’operato di questo o quel magistrato, sempre "reo" di fare indagini scomode. Dall’opposizione, nessuna replica. Come a dire che anche per loro in Calabria tutto va bene».
    Lei dodici anni fa, nel 1993 disse che i progetti della Lega «andavano oggettivamente a vantaggio delle mafie». E ora, che la devolution sta per diventare realtà?
    «La penso allo stesso modo. In una realtà come quella calabrese, il decentramento equivale all’abbandono».
    Nessuno la potrà mai accusare di ottimismo ad oltranza.
    «Le poche volte che si parla di Calabria, sfugge la situazione globale, non si capisce bene cosa succede. Io studio la situazione tutti i giorni. E quindi confermo, l’analisi e il pessimismo».
    il pm Macrì Marco Imarisio
IL CORRIERE DELLA SERA  17 OTTOBRE 2005

----------------------------------------------

OMICIDIO IN CALABRIA
I precedenti LE INDAGINI
    ROMA - Hanno scelto di colpire nel giorno delle primarie dell’Unione. E per ammazzare sono entrati fin dentro il seggio. Messaggio inequivocabile per chi adesso cerca gli assassini di Francesco Fortugno. Omicidio politico di stampo mafioso: non sembrano avere dubbi gli investigatori. E dopo aver esaminato l’ipotesi del gesto di follia e del delitto passionale, subito si concentrano sull’intreccio di affari e appalti che in Calabria deve sempre fare i conti con il potere della ’ndrangheta. Ma senza escludere una possibilità che appare addirittura peggiore. E cioè che quegli spari rappresentino un avvertimento mirato in vista delle elezioni della prossima primavera, un’indicazione sui patti che dovranno essere suggellati. «Non bisogna mai dimenticare - sottolineano gli inquirenti - che nessuno in questi luoghi può permettersi di compiere un simile agguato senza che le cosche abbiano concesso il via libera».
    LA VENDETTA - Nell’aprile scorso Fortugno aveva preso tantissimi voti. Con 8.548 preferenze era risultato primo per la Margherita nella circoscrizione di Reggio Calabria. E’ possibile, dice chi adesso cerca il movente di questo omicidio, che qualcuno gli avesse presentato il conto per quel successo e che lui non volesse soddisfare le richieste. Oppure che non abbia mantenuto promesse fatte in campagna elettorale. Una vendetta, dunque. E quindi bisogna cercare tra quello che è già stato fatto. Bisogna esaminare gli appalti concessi, le convenzioni con le cliniche private, quelle con gli ambulatori e i centri trasfusionali. Sono affari da miliardi di euro che oltre ai soldi portano potere, posti di lavoro. E dunque voti clientelari. Sono affari che i partiti gestiscono, spesso indirizzando le scelte sui vincitori, in un groviglio di interessi che in questa regione non può non fare i conti con le indicazioni fornite dalle cosche. Per questo gli accertamenti cominciano proprio dall’ospedale di Locri, centro di potere dove la ’ndrangheta certamente vuole influire. Fortugno era il primario del Pronto soccorso, sua moglie Maria Grazia è il direttore sanitario. E ora anche lei potrà aiutare, indirizzare l’attenzione di carabinieri e polizia. La signora è figlia dell’avvocato Mario Laganà, per anni senatore democristiano. Conosce perfettamente il mondo della politica e quello della sanità. E dunque potrebbe fornire una traccia, anche una semplice indicazione. Nessuno della famiglia ha mai denunciato di aver ricevuto minacce. Ma adesso anche una intimidazione alla quale non era stata data importanza, potrebbe assumere una valenza diversa.

    L’AVVERTIMENTO - Perché nessuno può ancora escludere che l’omicidio sia proprio questo: un avvertimento. Entro qualche settimana ci sono da nominare i direttori generali delle Asl calabresi commissariate nell’agosto scorso. E su queste scelte Fortugno, che era il responsabile del suo partito per il settore sanità, poteva certamente influire. Il suo impegno pubblico era noto. Così come la sua proposta, che tante proteste aveva già sollevato, di spostare la Asl da Locri a Siderno. Ma può bastare tutto questo per freddare all’interno di un seggio il vicepresidente regionale? «Da queste parti - si fa sfuggire un investigatore - può bastare anche meno. Ma certo, se il livello di attacco della criminalità arriva fino alla politica allora bisogna scavare in profondità». E quindi bisogna anche riesaminare le liste dei candidati alle elezioni della primavera scorsa, capire se alcuni di loro siano stati sconfitti nonostante fossero stati «sponsorizzati» dalle famiglie criminali. E dunque leggere quei cinque colpi sparati ieri pomeriggio, nel giorno delle primarie, come un invito esplicito a tutti i partiti a muoversi in maniera diversa. Questa mattina a Reggio Calabria arriverà il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu per partecipare ad una riunione in prefettura. La campagna elettorale è già cominciata, così come la partita per la spartizione degli appalti per il Ponte dello Stretto. La ’ndrangheta sembra aver deciso di alzare il tiro.
    all’associazione criminale: vale a dire 1 affiliato ogni 345 abitanti
    sciolti per mafia dal ’95 ad oggi, di questi 16 solo nel Reggino
    più potenti della ’ndrangheta in Calabria con una rete mondiale
    registrati nel 2004 contro amministratori e imprenditori
    contro amministratori pubblici nel 2004: nel 2000 erano state 41
    DA LIGATO A SCOPELLITI Il 27 agosto 1989, a Reggio Calabria,
    viene ucciso l’ex presidente delle Fs Ludovico Ligato (foto a sinistra ). Due anni dopo,
    il 9 agosto 1991, è assassinato a Villa San Giovanni
    il magistrato Antonio
    Scopelliti (sotto )
    della ’ndrangheta: il 120% rispetto al Pil della regione Calabria Fiorenza Sarzanini
IL CORRIERE DELLA SERA    17 OTTOBRE 2005

---------------------------------------------

Omicidio Fortugno: Approvato il Ponte sulle stretto la mafia si attiva
Lunedì, 17 ottobre
Appunti "Che ci fai qui vestito da black block?". Secondo testimoni oculari, è la frase che Francesco Fortugno, o una delle persone che stavano con lui, avrebbe detto al killer vestito di nero che, un attimo dopo, ha estratto la Parabellum con cui ha ucciso il vice presidente del Consiglio Regionale della Calabria. Un solo killer, dunque, e non due come fonti dei carabinieri avevano riferito nell'imediatezza del fatto. Il Procuratore Capo di Locri, Giuseppe Lombardo, ha parlato al Tg3 Regione di "fatto gravissimo" ma non ha aggiunto commenti né prime ipotesi sul delitto.
"L'efferato omicidio di Francesco Fortugno, che per lo stile e le modalità riporta alla criminalità organizzata e mafiosa,colpisce tutta la Margherita".Lo dice il coordinatore siciliano dei Dl, Salvatore Cardinale informato del babaro assassinio avvenuto a Locri del vice presidente del consiglio regionale della Calabria. "Ci aguriamo che i criminali e feroci assassini vengano presto assicurati alla giustizia e confidiamo in un intervento efficace e rapido della magistratura e delle forze dell'ordine" conclude Cardinale.
TRATTO DA http://www.canisciolti.info/modules.php?name=News&file=article&sid=2726

---------------------------------------------

17 Ottobre 2005
ALLARME CRIMINALITA’ FREDDATO CON UNA PISTOLA DI TIPO MILITARE, AVEVA FATTO DELLA LOTTA ALLA MAFIA LA SUA BANDIERA. OGGI IL MINISTRO PISANU A REGGIO

Assassinato al seggio delle primarie

Locri, muore in un agguato il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria Fortugno
Rocco Valenti
REGGIO CALABRIA

E' stato ucciso all'uscita dal seggio delle primarie dell'Unione, e già questo potrebbe avere un significato preciso, dal momento che, considerata l'indole della persona - ben voluta e fuori da certi giri, giurano in tantissimi - Francesco Fortugno, 54 anni, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria per la Margherita, poteva essere aggredito in qualsiasi posto e in qualsiasi momento. Invece l'hanno atteso, ieri pomeriggio, a Locri, nell'androne di Palazzo Nieddu, un bel fabbricato del Comune in cui si tengono convegni e seminari e nel quale ieri era stato allestito uno dei due seggi per le primarie. Quando Fortugno, dopo aver passato un’ora a chiacchierare con amici e colleghi di schieramento, è sceso nell'androne, separato dalla strada da un cancelletto in ferro. Proprio mentre si stava congedando dalle ultime persone con cui si era intrattenuto, un killer camuffato (il volto sarebbe stato coperto da un berretto calato sul viso, anche se altre testimonianze riferirebbero dell'uso di una calza di nylon) gli ha puntato addosso una pistola calibro 9x21 e ha premuto il grilletto sei volte. Tutti a segno, i colpi, e per Fortugno, primario medico al Pronto soccorso dell’ospedale di Locri, non c'è stato nulla da fare. Inutile il tentativo di rianimarlo fatto da un collega medico che si trovava al seggio. Quando l'ambulanza è arrivata in ospedale, Fortugno (sposato e padre di due figli) era già morto.
Erano le cinque e mezza, ieri pomeriggio, quando il killer ha sparato, a ripetizione, da brevissima distanza; poi si è allontanato a piedi per una via secondaria rispetto al centralissimo corso Vittorio Emanuele, in cui si trova palazzo Nieddu. L'ipotesi che i killer fossero due è tra quelle che emergerebbero con sufficiente chiarezza dalle testimonianze raccolte dagli investigatori, anche se è certo che a sparare sia stato uno solo. Modalità tipicamente mafiose, riterrebbero gli inquirenti, e non solo per l'arma utilizzata, quanto per il luogo e il momento scelto per entrare in azione, scelte che potrebbero avere quel netto significato di sfrontatezza che raramente è frutto di casualità.
«Un medico prestato alla politica, una brava persona...» commenti che ieri si sono moltiplicati all'inverosimile, paradossalmente ad allontanare ogni possibile appiglio per le indagini. Franco Fortugno era stato eletto nella scorsa primavera e nell'ultimo scorcio della precedente legislatura era subentrato in consiglio al posto di un collega della Margherita eletto al Parlamento.
Cosa possa significare questo agguato, a cosa possa essere legata la decisione di eliminare così platealmente un uomo come Fortugno sembra davvero difficile da stabilire. Gli investigatori di polizia e carabinieri starebbero seguendo diverse piste, con particolare attenzione a quella dell’impegno politico di Fortugno verso il mondo della sanità. A qualsiasi cosa possa essere legata, l'esecuzione mafiosa di ieri ha scosso tutta la regione, a partire dalla Locride, un territorio in cui la gente ha assistito negli ultimi 13 mesi a 22 omicidi, venti dei quali ancora senza colpevoli.
Sconcerto, allarme, cordoglio dopo l'uccisione di Fortugno sono stati espressi ieri dalle massime autorità dello Stato, oltre che dal mondo politico e istituzionale calabrese. Il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, ha manifestato, con una telefonata, vicinanza e sentimenti di cordoglio al governatore della Calabria, Agazio Loiero, che, a sua volta, si è detto allarmato per il livello di guardia abbondantemente superato dalla criminalità nella regione («Si sta attentando alla democrazia»). Giudizi di condanna per l'uccisione di Fortugno e attestati di cordoglio alla famiglia sono stati espressi, tra gli altri, dal presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, da Romano Prodi, Piero Fassino, Francesco Rutelli, Fausto Bertinotti e dal ministro Gianni Alemanno. Oggi è stata convocata una seduta straordinaria del consiglio regionale. Il ministro dell’Interno Pisanu sarà in Calabria, per valutare la situazione con autorità locali e responsabili delle forze di polizia.
LA STAMPA   17 ottobre 2005

---------------------------------------------

UNA VITA A MILLE ALL’ORA LE CARRIERE PARALLELE DELLO SCIENZIATO IMPRESTATO ALLA POLITICAI tanti «no» di un medico scomodo che non amava i giochi di potere

Era appena tornato da New York, dove aveva rappresentato la Calabria al Columbus Day del 10 ottobre. Una valigiata di racconti, idee, proposte da rovesciare in testa agli amici, ai colleghi di partito, dell'ospedale di Locri, del sindacato, dell'Università di Catanzaro. Piccolo, di corporatura robusta, lo sguardo mite, due baffi bianchi che erano il suo orgoglio. Francesco Fortugno era per tutti soltanto Franco: a cinquantaquattro anni non ci pensava nemmeno a rallentare il ritmo frenetico di una vita ai mille all'ora. Fuori casa all'alba, giusto un saluto alla moglie e ai due figli. Il lavoro di primario, in chirurgia, sempre in prima fila come medico e come sindacalista: infaticabile che si trattasse di lottare per la vita dei suoi pazienti o che fosse in ballo la sopravvivenza dell'ospedale di Locri - Franco lo sentiva un po' suo - una delle tante strutture sanitarie che in Italia si aprono per dimenticarle il giorno dopo, facendone altrettante trincee di servizi mancati e vite professionali impossibili. Molta della sua attività in consiglio regionale era concentrata sulle condizioni dell'ospedale, sull'immobilismo che può paralizzare anche le volontà migliori. Sono battaglie antimafia anche queste, solo si vedono di meno.
L'impegno nella società era cominciato in parallelo nella Dc e nel sindacato cattolico, fino a raggiungere la vicepresidenza del consiglio regionale e la segreteria regionale della Cisl medici. Dissolta la Balena bianca Franco aveva scelto i mariniani della Margherita. Il consiglio comunale, poi quello regionale per una carriera punteggiata di battaglie grandi e piccole.
E visto che l'ospedale e la vicepresidenza del consiglio non gli sembravano abbastanza, nella sua agenda Franco aveva trovato posto anche per una docenza a contratto all'Università di Catanzaro. «Franco in trincea stava bene, era il suo ambiente naturale», raccontano adesso a Locri, ricontando con le dita i sei proiettili che l'hanno abbattuto. E riflettendo sul fatto che Franco è caduto su un'altra trincea, quella che separa lo Stato dal suo contrario, che qui si chiama 'ndrangheta. Ora gli inquirenti si prendono il loro tempo per trarre conclusioni, ma da queste parti tutti sanno che solo le cosche chiudono le loro questioni così. Anche questo è testimonianza di impegno antimafia: dolorosa perché postuma.
C'è che Franco non era un signorsì, neppure nel mondo politico calabrese dove piegarsi ai potenti è una regola che conosce rare eccezioni. Nella Margherita non aveva esitato, in più occasioni, a scontrarsi - politicamente - con Luigi Meduri, l'ex presidente della giunta regionale che pure lo aveva portato in alto lasciandogli, nel 2001, il seggio di consigliere regionale per andare a fare il deputato della Locride. Non aveva esitato, a Reggio Calabria, a sfidare in diverse occasioni la forza politica di Demetrio Naccari, uomo che controlla una decina di consiglieri comunali del partito di Rutelli. E il consiglio di Reggio, negli equilibrii politici calabresi, ha un peso che va ben al di là del ruolo istituzionale. Tutti ricordano ancora il congresso provinciale durante il quale Naccari, in polemica con Fortugno, fece alzare con un cenno centocinquanta delegati sui trecento presenti: sfilarono fuori dall'aula in silenzio, lasciando a bocca aperta gli osservatori del partito venuti da Roma. E facendo bruciare d'imbarazzo l'oggi presidente della Regione Agazio Loiero.
Sono storie di politica, queste, che non hanno nulla a che vedere con quanto è accaduto ieri. Ma danno la misura di uno che è arrivato in alto mettendo avanti un carattere pacioso con una voglia di lottare infinita. In consiglio regionale aveva avviato la battaglia contro i famigerati «monogruppi», partiti con un solo consigliere cioè consiglieri che incassavano da soli i contributi che la legge assegna ai partiti: tra autisti, rimborsi, spese di segreteria anche 13 mila euro al mese. Alla fine la battaglia è stata vinta, certo ha lasciato per strada tanti nemici da una parte e dall'altra.
Il curriculum dice che anche gli amici non mancavano. Ottomilacinquecento preferenze raccolte nella Locride alle Regionali di primavera 2004 e la carriera nella sanità sono cose che vanno di pari passo in tutta Italia, non è questione di Calabria o meno. Solo che in fondo allo Stivale, e del disagio del Mezzogiorno Locri è per molti versi uno dei casi più acuti e dolorosi, chi va troppo oltre viene fermato. Dicono che Franco non aveva mai mostrato di avere paura: eppure i colpi di pistola sono di regola preceduti da avvertimenti ben precisi. Franco pensava di poter vincere anche quella battaglia.
la stampa   17 ottobre 2005
17 Ottobre 2005
IL PERSONAGGIO, IL LUOGO SIMBOLICO, LE MOSSE DEI KILLER: TUTTO FA PENSARE ALLA ‘NDRANGHETA

Primo comandamento, intimidire le istituzioni
Francesco La Licata
Volendo usare una frase celebre, si potrebbe dire che «c’è di sicuro» che Francesco Fortugno, esponente della Margherita e vicepresidente dell’Assemblea regionale della Calabria, è rimasto vittima di un attentato di tipo mafioso. Questa è l’unica cosa certa che si può affermare con buone possibilità di non essere smentiti. Chi altri, se non la mafia - che in Calabria si chiama ‘ndrangheta ma pensa ed opera esattamente come quella siciliana - può uccidere un uomo pubblico scegliendo un posto e una data tanto simbolici da poter essere considerati una vera e propria rivendicazione?
L’omicidio è avvenuto a Locri, un territorio che evoca vecchie e mai sopite suggestioni di strapotere mafioso. La vittima è stata seguita, forse «monitorata» per l’intero giorno. Non v’è dubbio che gli assassini avrebbero potuto entrare in azione in qualunque altro momento, ma hanno voluto agire in mezzo alla folla di cittadini che andavano al seggio a votare per le primarie. Fortugno è stato avvicinato mentre, dopo aver votato, si attardava a scambiare due parole con amici e compagni di partito. Il killer (l’altro copriva la fuga in auto) maneggiava un’arma professionale. Non un solo colpo è andato a vuoto: sei, distribuiti fra bersaglio grosso (il torace) e colpi di grazia al volto. Un perfetto assassino professionista. Con freddezza, professionale appunto, ha raggiunto il complice e insieme si sono allontanati senza neppure troppa precipitazione. E’ il film di un omicidio di mafia. Anche il resto è uno stereotipo: il nulla assoluto, il vuoto indiziario, l’assoluta assenza di uno spunto investigativo.
Però, concordano in molti, a Locri non può accadere che a qualcuno venga in mente di uccidere un uomo politico (fosse anche per motivi futili e privati) e che lo faccia il giorno della sua massima visibilità e arrivi a sparare tra la gente senza che la mafia abbia dato la sua preventiva «autorizzazione». E, in verità, riesce difficile pensare all’esistenza del «movente privato» di un agguato che ha tutti i crismi dell’efficienza militare.
Chi conosce Locri sa che, in effetti, sono poche le cose che sfuggono al controllo del territorio esercitato da una mafia, tra l’altro, esperta nella gestione dei rapporti di potere e politici. Francesco Fortugno ricopriva una carica istituzionale ed era imparentato con la famiglia Laganà, una dinastia di democristiani molto conosciuti in Calabria. Per dirla con le parole del presidente della giunta, Agazio Loiero, compagno di partito della vittima: «Chi voleva colpire Fortugno, sapeva perfettamente dove trovarlo: al seggio. E così è stato». La storia, dunque, sembra proprio perfettamente in sintonia con l’annosa questione politico-mafiosa.
E’ sotto gli occhi di tutti ciò che accade in terra di Calabria. Da qualche tempo - in coincidenza anche con la strategia di inabissamento della mafia siciliana, più proiettata a far dimenticare l’azzardo politico delle stragi del ‘92 e del ‘93 - è stata avviata una guerra dei nervi che tende, attraverso l’intimidazione, alla paralisi delle amministrazioni pubbliche, quando queste intraprendono iniziative non gradite ai boss. E questa battaglia, ovviamente, non si combatte solo a Locri o nella Locride.
Lo scontro si è innalzato dopo le elezioni regionali ed ha raggiunto l’apice con le minacce al Presidente Agazio Loiero che oggi è costretto ad una massiccia tutela: scorta del secondo livello. Perché le minacce a Loiero? Una delle (annunciate) iniziative del dopo elezioni riguarda la rotazione dei manager regionali. Insomma lo sconvolgimento degli assetti precedenti nel campo degli appalti, specialmente quelli delle opere pubbliche e della Sanità. Niente male, come antimafia che rimescola ed annulla amicizie e sodalizi nati in tanti anni di «attività politiche-imprenditoriali» e difficilmente ricostituibili con funzionari nuovi. Ma le minacce sono arrivate a pioggia, come i finanziamenti, da Villa San Giovanni a Lamezia, dove il sindaco di centrosinistra - Gianni Speranza - appena eletto ha ricevuto lettere e proiettili, prima ancora di aver deciso qualcosa.
Già, l’intimidazione preventiva. Potrebbe essere qualcosa di simile, il tragico attentato di Locri? La storia dice che gli omicidi per vendetta, tranne quando si tratti di «gesti simbolici ed educativi» o di «pulizia interna», non sono graditi alla mafia. Spesso si uccide per «rimuovere un ostacolo» o un «pericolo futuro». C’è una lunga lista di omicidi preventivi: dal giudice Scopelliti, assassinato per non fargli fare il pm al maxiprocesso in Cassazione, al presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, abbattuto per non fargli assegnare alcuni appalti. Cesare Terranova, futuro consigliere istruttore di Palermo inviso al boss Luciano Liggio; Michele Reina, segretario provinciale della Dc di Palermo che voleva cambiare i rapporti di potere all’interno del partito. E la lista potrebbe allungarsi. Fino a Locri, fino a ieri. Non si capirebbe altrimenti la reazione allarmata di Loiero e di tutta la politica calabrese: «Non si vuole capire che in Calabria si è arrivati ad un punto di rottura». «Sembrerò esagerato», dice Loiero, «ma non posso nascondere la gravità del pericolo che stiamo correndo. Le Istituzioni soccombono e, con gli strumenti normali, non si riesce vincere questa guerra».
la stampa  17 ottobre 2005

---------------------------------------

LUNEDÌ, 17 OTTOBRE 2005
Calabria, la ‘ndrangheta attacca ucciso il vicepresidente regionale
Esponente della Margherita, sicari nel seggio delle primarie

Locri, Francesco Fortugno, 54 anni, raggiunto da cinque colpi. Aveva appena votato
Le prime indagini puntano su nomine e finanziamenti nella sanità. Oggi arriva Pisanu
Colpito da un killer incappucciato. L´uomo è fuggito su un´auto guidata da un complice
Era primario, altri tre medici del suo ospedale eliminati con le stesse modalità

DAL NOSTRO INVIATO DAVIDE CARLUCCI
LOCRI - Quando hanno visto entrare il killer, nel seggio delle primarie, sulle prime hanno pensato a uno scherzo. L´uomo era incappucciato e qualcuno ha pensato di toglierli il copricapo, pensando fosse un sostenitore del candidato senza volto. Invece era armato; aveva una calibro 9: s´è avvicinato a Francesco Fortugno, 54 anni, vicepresidente del consiglio regionale, e ha puntato al torace. Cinque colpi a bruciapelo. Fortugno è morto dopo pochi minuti nell´ospedale dove per anni ha lavorato come primario.
La scena è stata plateale: Fortugno, uomo di solide radici democristiane - era nipote del parlamentare democristiano Mario Laganà - si trovava a palazzo Nieddu, un vecchio edificio ristrutturato da poco, tutto illuminato dalle luci delle emittenti televisive locali, che seguivano le primarie. Aveva appena votato e con un giornalista de «Il Quotidiano della Calabria», Pino Lombardo, commentava la buona affluenza e le «furbizie» della riforma elettorale. Dopo l´omicidio, il killer è fuggito con il complice che gli aveva coperto le spalle e che ha fatto sgommare l´auto a missione compiuta.
Un omicidio di mafia anche se gli inquirenti non escludono altre piste. Ma nel passato di Francesco Fortugno, approdato dalla Dc nel Partito Popolare e poi nella Margherita, medico specialista in chirurgia generale e medicina legale, primario in aspettativa al pronto soccorso dell´ospedale di Locri, non ci sono ombre. Nessuna inchiesta, né indagini e nemmeno sospetti su rapporti con la malavita organizzata. È sul filone della sanità, tuttavia, che si concentrano le indagini della polizia e degli uomini dello Sco, il Servizio centrale operativo, che erano già in Calabria per seguire un altro caso e che hanno immediatamente raggiunto Locri a poche ore dal delitto. In particolare, la pista legata alle nomine e ai finanziamenti nel settore sanitario, capitoli che vedevano impegnato Fortugno nella sua attività amministrativa, dopo che aveva lasciato la direzione del pronto soccorso. Ma a Locri nel corso degli ultimi anni già altri tre primari dello stesso ospedale sono stati uccisi con modalità simili. Gli inquirenti non trascurano neanche questa pista.
Ieri sera, sul tardi, c´è stato un vertice in Procura; «È ancora troppo presto per formulare qualsiasi ipotesi sul movente dell´omicidio», si è trincerato nel riserbo il procuratore della Repubblica di Locri, Giuseppe Carbone che sta conducendo l´inchiesta sull´omicidio di Fortugno assieme al sostituto Federica Fortunati. «Stiamo profondendo, ovviamente, il massimo sforzo per fare luce sull´omicidio», ha poi aggiunto.
I due killer hanno seguito Fortugno. Quasi sicuramente erano già alle sue costole quando il vicepresidente della Regione lascia in auto la sua residenza di Brancaleone. Al seggio di palazzo Nieddu, uno dei due allestiti dall´Unione a Locri, arriva alle 17,30. Lì, conosce tutti, scambia qualche battuta con i componenti del seggio, vota e fa un saluto frettoloso perché lo attendono altri impegni politici a Reggio Calabria. Nell´androne incontra due amici e si trattiene a parlare. I killer sono ancora lì in agguato, si fanno un segnale. Uno dei due si avvicina al gruppo, estrae la pistola e fa fuoco a ripetizione colpendo Fortugno al torace e alla testa. È un professionista, non spreca nemmeno un proiettile, tutti e cinque vanno a segno.
A quell´ora il corso è pieno di gente, non solo elettori del centrosinistra impegnati nelle operazioni di voto. C´è un fuggifuggi generale, alcuni corrono nei negozi, altri si riparano dietro le macchine. I due amici di Fortugno si scuotono dallo choc, forse sono anch´essi medici o infermieri, tentano di praticare un massaggio cardiaco al vicepresidente del consiglio regionale. Qualche minuto dopo arriva l´ambulanza del 118 che lo trasporta nello stesso pronto soccorso di cui Fortugno era primario. In ospedale, tuttavia, arriva cadavere.
Fino a tarda notte una processione di amici e conoscenti ha circondato la moglie e i due figli. Fortugno era alla seconda legislatura come consigliere regionale ed era stato eletto a Locri. Nel precedente consiglio era subentrato, sempre nelle fila della Margherita, a Luigi Meduri, dopo l´elezione di quest´ultimo a deputato. Già consigliere comunale, Francesco Fortugno ha ricoperto l´incarico di segretario regionale nella Cisl medici di Reggio Calabria. Nei giorni scorsi aveva rappresentato la Regione Calabria negli Stati Uniti al Columbus day. Per stamattina è stato convocato un consiglio regionale straordinario. Sempre oggi è previsto l´arrivo del ministro degli Interni Giuseppe Pisanu.
LA REPUBBLICA EDIZIONE NAZIONALE   17 OTTOBRE 2005

---------------------------------------

LUNEDÌ, 17 OTTOBRE 2005
Prima Pagina

ASSASSINIO POLITICO

GIUSEPPE D´AVANZO
PER L´ASSASSINIO di Francesco Fortugno, che almeno si evitino lacrime di coccodrillo. Nessuno può dirsi innocente. Tutti sapevamo che presto, in Calabria, ci sarebbe scappato il morto "eccellente", come si dice. Chiunque da mesi poteva coglierne i presagi in una regione schiacciata dalla criminalità organizzata. Paralizzata dal sottosviluppo, abbandonata - solitaria - al suo deprimente destino. Come se quella terra fosse già di nessuno, sconnessa dal Paese, dall´attenzione dello Stato e dell´opinione pubblica nazionale. E non un lembo di penisola, infestato come un letto pulcioso, dalla «prima mafia d´Italia».
La ‘ndrangheta, che soltanto un luogo comune ormai bizzarro considera la cugina malmessa di Cosa Nostra, può vantare 112 cosche. Un affiliato ogni 345 abitanti, il 27 per cento della popolazione (in regioni per abitudine considerate al vertice dell´intensità criminale le cose "vanno meglio": in Campania il 27 per cento di Calabria diventa 12 e in Sicilia addirittura 10). Un tasso di omicidi 17 volte superiore a quello nazionale. Un volume di affari neri che, secondo alcune analisi, supera i 35 mila milioni di euro, di cui 22.340 prodotti dal traffico di droga e il resto da appalti pubblici e da estorsioni che, secondo la Confesercenti, taglieggiano il 50 per cento dei commercianti e degli industriali (il 70 per cento a Reggio Calabria). Sono cifre che fanno oggi della ‘ndrangheta «la più pericolosa e pervasiva mafia con una progressiva dimensione internazionale».
È un potere militare, economico e politico che non accetta di essere messo in discussione nemmeno negli aspetti più marginali. Lo testimonia il clima di intimidazione continuo che ogni istituzione o rappresentante delle istituzioni deve subire. Minacce. Attentati con bombe. Fucilate alle porte di casa. Incendi di auto e di abitazioni. Ne sono stati vittima, in tempi recenti (e l´elenco è incompleto) i sindaci di Reggio Calabria, San Giovanni, Seminara, Sinopoli, Melito Porto Salvo, Casignana, il vice sindaco di Palmi, i magistrati che affrontano i processi alle cosche (Cisterna, Di Palma, Gratteri, Mollace, Pedone)… Uno scenario che ha convinto, quattro mesi fa, il presidente della Confindustria calabrese, Filippo Callipo, ad appellarsi al capo dello Stato per invocare la presenza nella regione dell´esercito.
Su questo pozzo scuro si è affacciato, da maggio, il presidente della Regione Agazio Loiero, di cui Francesco Fortugno era - nella Locride - il fiduciario politico.
Nei primi cento giorni, Loiero fa alcune mosse "rivoluzionarie" per la moralizzazione della vita pubblica. Sostituisce settanta alti burocrati negli enti regionali. Lo spoil-system destabilizza gli equilibri. Cancella con un colpo di spugna la rappresentanza degli interessi opachi. Delibera di costituire la Regione "parte civile" in tutti i processi di mafia. Annuncia di voler trasferire, entro il giugno del 2006, importanti competenze dalla Regione alla Provincia riducendone i dipendenti da 4.800 a 1.800. In un´istituzione dove, negli ultimi 27 anni, non c´è stato mai un bilancio approvato nei termini di legge, prova a tenere in ordine i conti e le delibere. La strategia ridisegna l´intero quadro di riferimento istituzionale. Chi aveva «l´amico dell´amico» seduto nella poltrona che conta, non lo trova più in quel posto. O, se ce lo trova, lo scopre senza competenze e privo di potere. L´intero reticolo affaristico-criminale entra in fibrillazione e diventa minaccioso. Le scosse del sisma scuotono la stessa maggioranza del presidente che l´ha avuta vinta sull´avversario del centrodestra con oltre il venti per cento in più. Alla ´ndrangheta deve essere sembrato giunto il tempo di mettere mano alla pistola per arginare lo smottamento. Loiero riceve per posta proiettili inesplosi e usati, una sua foto con un buco in testa. Dice di non voler arrestare la sua «furia riformatrice».
Ecco, dunque, il clima e le ragioni che hanno preceduto e preparato, nel silenzio di tutti, la morte di Francesco Fortugno. Il suo assassinio non può che dirsi politico. «Una cosa brutta assai», dice un investigatore con una formula che, per chi lavora nel Mezzogiorno a questi affari, vuol dire «è terribile quel che è accaduto, ma sarà orrendo quel che accadrà». Perché se uccidi in pieno giorno, dinanzi a uno storico palazzo di una cittadina e decine di testimoni, il vicepresidente del consiglio regionale sulla scena di un appuntamento politico, non vuoi soltanto spegnere la vita di Francesco Fortugno. Se ci fossero stati «interessi privati», lo avrebbero ammazzato "in privato" mentre tornava a casa. Lungo la strada per Reggio Calabria. Una mattina qualsiasi dinanzi all´ospedale dov´era primario. Le cosche di Locri, Africo e Siderno hanno voluto offrire una pubblica rappresentazione della loro violenta determinazione affinché tutti capiscano, affinché la politica capisca. Messaggio forse superfluo per i riformatori calabresi. Non si sono mai fatto illusioni sul sentiero che hanno imboccato. Hanno compreso da mesi il significato delle minacce, gli interessi che proteggono, i pericoli che incombono. Chi non ha capito o non ha voluto capire, siamo noi. Noi che pensiamo la Calabria come una terra perduta e il tentativo di Loiero un fenomeno trascurabile. Non abbiamo nessuna attenuante. Poco più di due mesi fa, Francesco Cossiga pubblicamente si chiedeva: «Il presidente del Consiglio, i ministri dell´Interno e di Giustizia, il capo della polizia, i comandanti dell´Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza hanno reale contezza della gravità dei reiterati avvertimenti di queste ore o, come temo, circoscrivono la pratica a normale routine? E sono in grado le forze politiche di assicurare a Loiero una costante mobilitazione della pubblica opinione, aiutando a tenere i riflettori ben accesi su questa grave emergenza? O vogliamo aspettare che ci scappino uno o più morti?».
Ora il morto c´è stato. Niente lacrime di coccodrillo. Fate qualcosa.
LA REPUBBLICA EDIZIONE NAZIONALE 17 OTTOBRE 2005

---------------------------------------

IL POLIZIOTTO

Giuseppe Gualtieri, capo della squadra mobile di Palermo, per anni ha lavorato in Calabria
"Ormai dominano la regione sono più forti di Cosa nostra Rispetto alla Sicilia la gestione è meno verticistica

FRANCESCO VIVIANO
PALERMO - «È un omicidio gravissimo, conoscevo il dottor Francesco Fortugno, l´ho incontrato tante volte quando lavoravo in Calabria, a Siderno, Vibo Valenzia, Gioia Tauro, era un politico attento ai problemi della società, aveva un feeling con il territorio ed era anche un collettore di piccoli problemi ed istanze cittadine». Così Giuseppe Gualtieri, capo della squadra mobile di Palermo e che fino a marzo ha lavorato in Calabria, ricorda Fortugno.
Giuseppe Gualtieri è un profondo conoscitore della realtà calabrese, della ‘ndrangheta, e da alcuni mesi è approdato a Palermo, la "capitale" di Cosa nostra. Due organizzazioni criminali potenti e feroci che se pur per certi aspetti si somigliano sono «diverse».
Può accadere in Calabria quel che è accaduto negli anni scorsi in Sicilia, dove la mafia è riuscita a condizionare la vita politica, uccidendo magistrati, uomini delle forze dell´ordine, politici, giornalisti, per ottenere vantaggi senza incontrare ostacoli?
«Non sono un sociologo, sono un poliziotto che per molti anni ha vissuto e lavorato in Calabria: una realtà diversa da quella siciliana e che non ha avuto puntati, tranne in alcune occasioni, i riflettori dei mass media».
L´omicidio di Fortugno può far pensare a una strategia della ‘ndrangheta che punta a un condizionamento della politica?
«È un omicidio "eccellente", gravissimo e, per l´esperienza che ho, potrebbe essere inquadrato nell´ambito di alcune problematiche locali».
Cioè?
«La ‘ndrangheta è un´organizzazione potentissima, che in molti affari ha già sostituito da tempo Cosa nostra, mi riferisco per esempio all´attività del traffico di cocaina e a quello delle armi, ma rispetto a Cosa nostra, ha un´altra struttura. Non è così verticistica come la Mafia, l´organizzazione calabrese ha problematiche diverse, è spalmata a macchia di leopardo in tutta la Regione e nelle maggioranza dei casi le ‘ndrine, le famiglie mafiose, agiscono su un territorio ben determinato».
Quindi non ci sarebbe, una strategia criminale "unitaria"?
«Le famiglie calabresi hanno una capacità decisionale limitata a singole realtà locali, non c´è, non c´è stata, fino a ora, una strategia "globale", ma decisioni che sono state prese volta per volta per singoli fatti, per singoli interessi».
LA REPUBBLICA EDIZIONE NAZIONALE   17 OTTOBRE 2005