Rifiuti radioattivi: il caso Italia

L'inchiesta sulle navi affondate nel Mediterraneo - La gestione dei centri Enea - Le denunce di Legambiente - Il mercato dei rifiuti radioattivi - L'intervento del governo e del Parlamento

Libro bianco di Legambiente sull'eredita' avvelenata del nucleare
Roma, 19 giugno 1995

 

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3. I traffici di rifiuti radioattivi: il caso Calabria

Il secondo anello delle inchieste giudiziarie in corso e'   costituito da   diversi episodi, segnalati da Legambiente alla magistratura, relativi   a presunti traffici di rifiuti radioattivi in Calabria. Nel marzo del 1994 la nostra associazione ha presentato un esposto alla Procura presso   la Pretura di Reggio Calabria in cui venivano riportate notizie circa la presenza di discariche di rifiuti abusive in Aspromonte, in particolare nella zona tra   la Limina e Cinquefrondi. A questo esposto ne sono seguiti altri, attualmente al vaglio della magistratura, relativi alle gia' citate navi affondate negli anni scorsi al largo delle coste calabresi.   Sempre dalla Calabria arrivano due testimonianze, riportate dal settimanale Cuore   e   raccolte dalla Procura della Repubblica di   Catanzaro: la prima e'   quella di un pescatore rimasto vittima, insieme ad un cugino,   di un incidente durante una   battuta di pesca. Alla rete si   sarebbe impigliata, assai verosimilmente, una sorgente radioattiva,   avvolta in una palla   di   fango. Secondo quanto riportato dal settimanale, i due pescatori   avrebbero   rimosso   questa "palla di fango", avvertendo immediatamente un forte bruciore alle mani e   agli occhi. Entrambi si sono successivamente ammalati di   leucemia mieloide: Fausto   Squillaciotti e' ancora in vita, il suo cugino Augusto purtroppo e' deceduto.   Una seconda testimonianza e' quella resa da   Salvatore Colosimo, di Staletti', che avrebbe assistito,   nel 1993, allo spiaggiamento di alcuni fusti, di color giallo, immediatamente   recuperati da due battelli (Isola Gialla e   Corona).

  Queste   testimonianze si   sono, di fatto, intrecciate, con il recente allarme   che   ha investito la provincia di   Catanzaro, circa la presenza di radioattivita' in alcuni tratti della costa. Nella premessa di questo dossier si e' gia' accennato alle iniziative condotte al   riguardo   da Legambiente e alle risposte che la nostra   associazione ancora attende circa i risultati   delle analisi compiute nell'area. Lungo le coste calabresi si e' svolta, infine, una parte di quella   vera e propria telenovelas   che   va   sotto il nome di "Korabi Durres", una nave battente   bandiera albanese.

Nel marzo dell'anno scorso le capitanerie di porto di mezza Italia vennero allertate per seguire gli strani spostamenti della "Korabi Durres". Il viaggio dell'imbarcazione comincia il 1 marzo 1994, dal porto di Durazzo: il carico ufficialmente e' denunciato come rottami di rame. Il 2 marzo la nave giunge nell'antiporto di Crotone, e il 3 viene ispezionata dalla locale Capitaneria di Porto che sospetta un trasporto clandestino di profughi albanesi. Invece nella stiva figurano effettivamente solo rottami di rame gettati un po' alla rinfusa: complessivamente il carico ammonta a 1.200 tonnellate. La nave viene comunque scortata fuori dell'area portuale da una motovedetta che la accompagna anche per 15 miglia: una procedura singolare se tutto risultava in ordine. Non solo: da Crotone viene allertata la Capitaneria di Porto   di Palermo, dove la "Korabi" arriva il 4 marzo. Qui le autorita' marittime, oltre a ripetere i controlli gia' effettuati a Crotone, effettuano anche dei rilievi per valutare eventuali tracce di radioattivita': il controllo da' esito positivo, e il carico di radioattivita' risulta superiore ai limiti previsti dalla legge. Alla "Korabi" viene negato   il permesso di scaricare il proprio carico, e anche l'accesso al porto di Palermo.

Il 9 marzo, alle 11.30, la nave riparte da Palermo con destinazione Durazzo: ma il 10 la nave compare nelle acque di Pentimele, nei pressi di Reggio Calabria, e qui c'e' la sorpresa. Le autorita' marittime effettuano infatti nuovamente tutti i controlli, senza trovare pero' nel carico alcuna traccia di radioattivita'. A questo punto e' partita l'inchiesta giudiziaria per accertare se dalla "Korabi" sia stato gettato in mare una parte del carico. Della nave albanese, peraltro, si erano perse le tracce fino allo scorso 20 aprile quando e' comparsa nel porto di Pescara, dove e' stata sequestrata e controllata da cima a fondo (mentre il suo comandante, Curri Hysen Hajri veniva trattenuto in arresto). In quest'occasione, pero', non e' stata trovata alcuna traccia di radioattivita', e la "Korabi" e' potuta ripartire. Resta, ovviamente, il mistero su cio' che ha fatto la "Korabi" nel marzo scorso dopo essere stata allontanata da Palermo. Una vicenda della quale si stanno occupando le Procure della Repubblica di Crotone, Reggio Calabria, Catanzaro, Palermo, Matera e Pescara, e intorno alla quale e' stata recentemente presentata anche un'interrogazione parlamentare da parte del senatore Aldo Corasaniti.

Il circolo di Legambiente di   Catanzaro ha infine raccolto puntuali testimonianze, che saranno messe a   disposizione dell'autorita' giudiziaria, circa la sosta, quantomeno anomala, di una motonave rimasta ferma per tre giorni, nello scorso mese di marzo, immediatamente a ridosso della cosiddetta fossa di   Badolato,   profonda oltre mille metri. Una presenza inspiegabile, che ha attirato l'attenzione di un gruppo di sub impegnati in   attivita' sportive nello specchio di mare prossimo alla fossa in questione.

Negli ultimi giorni e' emerso, sempre in Calabria, un altro episodio su cui Legambiente chiede la massima chiarezza: nelle discarica di Cotronei, a Crotone, attualmente al centro di indagini giudiziarie condotte dal sostituto procuratore Giovanni Stagliano', sarebbe stata rilevata la presenza di radioattivita'. A far scattare l'inchiesta e' stata un'improvvisa ed eccezioanle moria di bestiame. I tecnici della Universita' di Pavia, attivati dalla magistratura, hanno consegnato la loro relazione nella quale sarebbe stata confermata la presenza di Cesio 317 e un'alta concentrazione di sostanze chimiche, tossiche e velenose. La magistratura ha allertato il Prefetto di Catanzaro. La contaminazione riguardarebbe anche il fiume Neto.

Quest'ultimo episodio conferma la necessita', vista anche l'assoluta inadeguatezza delle strutture saniatarie di controllo, di un intervento immediato da parte del ministero della Sanita' che si affianchi, attraverso una approfodnita campagna di monitoraggio alle attivita' gia' disposte dalla magistratura.