‘Ndrangheta
 
La 'ndrangheta è oggi una delle organizzazioni criminali più potenti. Non priva di rapporti con uomini politici e servizi segreti deviati, è meno esposta, rispetto a Cosa Nostra, alle infiltrazioni esterne ed al fenomeno del pentitismo, ma soprattutto ha ramificazioni in mezzo mondo: dalla Lombardia, al Piemonte, dalla Valle d'Aosta alla Liguria, dalla Toscana al Veneto, dall'Emilia Romagna alla Francia, dalla Germania alla Russia, dalla Spagna alla Svizzera, dalla Bulgaria all'ex Jugoslavia, dalla Bolivia agli Stati Uniti, dal Canada all'Australia.
Una delle più efficaci definizioni sulla mafia calabrese l'ha data Julie Tingwall, sostituto procuratore dello Stato della Florida a Tampa: "È invisibile, come l'altra faccia della luna". Se alla capacità di mimetizzarsi, soprattutto all'estero, si aggiunge la sottovalutazione del fenomeno, soprattutto in Italia, si può capire come la 'ndrangheta sia riuscita a prosperare, quasi indisturbata. Fino a qualche anno fa, infatti, molti la ritenevano un'accozzaglia di criminali, dedita al pizzo ed ai sequestri di persona. Secondo una recente relazione della Dia, la Direzione Investigativa Antimafia, conta 155 cosche e circa 6.000 affiliati. Il rapporto tra popolazione/affiliati ai clan è del 2,7%. Nelle altre regioni il rapporto è rispettivamente di 1,2% in Campania, 1% in Sicilia e del 2% in Puglia.

Le origini
Nasce e si afferma nella seconda metà dell'Ottocento la 'ndrangheta in Calabria, una regione dal tessuto economico fragile, priva di un significativo apparato industriale e con deboli ceti imprenditoriali. Clan di picciotti, da cui il nome Picciotteria vengono segnalati nel circondario di Palmi (Maropati, Gioia Tauro, Sinopoli, Iatrinoli, Radicena, Molochio, Polistena, Melicuccà, San Martino di Taurianova, la stessa Palmi), nella Locride (San Luca, Africo, Staiti, Casalnuovo) e nella cintura di Reggio Calabria (Fiumara, Villa San Giovanni, la stessa Reggio Calabria). Uno dei documenti più interessanti di quel periodo è una denuncia anonima inviata nel 1888 al prefetto di Reggio Calabria, Francesco Paternostro, che rivela l'esistenza a Iatrinoli, uno dei tre borghi che poi dettero vita a Taurianova, di una setta (1) che nulla teme"
 
La struttura
La 'ndrangheta rispetto a Cosa Nostra ha una struttura a sviluppo orizzontale. Ogni famiglia ha il pieno controllo del territorio sui cui opera ed il monopolio di ogni attività, lecita o illecita. La cosca mafiosa calabrese si fonda in larghissima misura su una famiglia di sangue ed i vincoli parentali tra le varie famiglie vengono rinsaldati con matrimoni incrociati. Essendo tutti parenti, è difficile trovare pentiti. Negli ultimi tempi, dopo la sanguinosa guerra, apertasi nel 1985 con la secessione degli Imerti-Condello dall'alleanza di cosche guidata da Paolo De Stefano, la 'ndrangheta, in provincia di Reggio Calabria, si è dotato di un organismo (Santa), di cui farebbero parte i rappresentanti delle famiglie più importanti. Non è una commissione come quella di Cosa Nostra, ma un primo tentativo per cercare di sedare gli endemici contrasti che scoppiano puntualmente tra le varie cosche (le c.d. faide), altra tipica espressione della mafia calabrese. Rigidissima è la gerarchia all'interno di ogni famiglia, regolata da un codice (2) che prevede rituali in ogni momento della vita associativa : dall'affiliazione all'investitura del nuovo adepto, al giuramento che deve essere prestato con solennità, al passaggio al grado successivo, fino ai processi a cui il tribunale della cosca può sottoporre i propri affiliati qualora si dovessero rendere responsabili di eventuali violazioni alle regole sociali.
 
Le attività
La Calabria come ha sottolineato il dottor Nicola Gratteri, uno dei magistrati di punta della procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, galleggia sopra un grande traffico di armi. Sembra esserci in Calabria una sorta di accumulo di armi potenti e micidiali, alcune delle quali sono state utilizzate durante l'ultima guerra di mafia (missili terra-aria e lanciarazzi Mpg del tipo di quelli scoperti in un arsenale della 'ndrangheta in provincia di Modena). Gli altri due grandi business della mafia calabrese sono il traffico internazionale di droga e l'estorsione : quest'ultima, come ha affermato nel 1993 l'Avvocato Generale di Reggio Calabria, colpisce nel capoluogo reggino ogni attività produttiva di reddito, senza escludere neppure i liberi professionisti. In calo i sequestri di persona che, a fronte di ricavi modesti, costringono le cosche a fare i conti con massicci dispiegamenti delle forze dell'ordine sul territorio.

Le gerarchie
I gradi nella gerarchia di ogni cosca della 'ndrangheta, che altrove possono essere ricordati in maniera diversa, nella Piana di Gioia Tauro (ed è qui che alligna la mafia più organizzata e più forte), secondo quanto Pino Scriva ha raccontato ai magistrati che hanno raccolto le sue "confidenze", sono i seguenti : 1) Giovane d'onore. Non è un vero e proprio grado. È una affiliazione per "diritto di sangue", un titolo che viene assegnato al momento della nascita e che tocca in pratica ai figli degli 'ndranghetisti come buon auspicio affinchè in futuro possano diventare uomini d'onore ; 2) Picciotto d'onore. È il primo vero gradino della "carriera" nella 'ndrangheta. Si tratta di un gregario, esecutore di ordini, il quale deve cieca obbedienza agli altri gradi della cosca con l'unica speranza di ottenere benefici tangibili e immediati. I picciotti, in pratica, sono la fanteria, o meglio il corpo dei caporali delle cosche calabresi ; 3) Camorrista. È un affiliato già di una certa importanza ed è arrivato al grado dopo un "tirocinio" più o meno lungo. A lui sono affidate funzioni che il picciotto non può svolgere (può essere, per esempio, capo di una 'ndrina nelle piccole frazioni dei comuni). In altre zone risultano distinzioni in questa stessa "qualifica" ; 4) Sgarrista o Camorrista di sgarro. Si tratta di un affiliato incaricato di riscuotere le tangenti ; 5) Santista. È colui che ha ottenuto la "Santa", cioè un grado ancora più elevato per esclusivi meriti criminosi ; 6) Vangelo. Viene detto anche vangelista perché ha prestato giuramento di fedeltà all'organizzazione criminale mettendo una mano su una copia del Vangelo. Grado di altissimo livello, si ottiene "per più meritevole condotta delinquenziale". 7) Quintino. Grado apicale che uno 'ndranghetista può raggiungere. È attribuito a un ristretto numero di mafiosi che all'interno dell'organizzazione vanno così a costituire una oligarchia con diversi privilegi e altrettante responsabilità e che si riconoscono perché hanno un tatuaggio con la stella a cinque punte ; 8) Associazione. Di questo grado è Scriva a parlare per la prima volta. Rappresenta il più alto potere della 'ndrangheta e viene esercitato in forma collegiale. Sarebbe, in sostanza, una sorta di consiglio di amministrazione di tutto il sistema criminale. A questo grado accedono i capi delle famiglie che per numero di affiliati, forza di fuoco, alleanze e protezioni anche politiche, sono in grado di condizionare sul piano pratico la vita della 'ndrangheta non solo nella loro zona e nella provincia, ma ovunque l'organizzazione sia presente, quindi, anche all'estero.

Pantaleone Sergi, La "Santa" violenta, Storie di 'ndrangheta e di ferocia, di faide, di sequestri, di vittime innocenti, Edizioni Periferia, Cosenza, 1991, pagg. 61-62.

Un'ulteriore figura tipica della 'ndrangheta è quella della "sorella d'omertà" che è affidata ad una donna, la quale ha il compito di dare assistenza ai latitanti. Ma il ruolo delle donne nella mafia calabrese non si limita a questo. Né è un fatto nuovo. A Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, sul finire dell'Ottocento, le donne erano ammesse nell'organizzazione. Scrivono i giudici: "Vestite da uomini, prendevano parte alla perpetrazione de' furti ed altri reati" . Oggi, le donne, come hanno accertato le più recenti indagini sulle principali cosche calabresi vigilano sull'andamento delle estorsioni, riscuotono le tangenti, sono intestatarie di beni appartenenti al sodalizio e curano i rapporti con i latitanti e con l'esterno del carcere.

Cfr. A. Nicaso, Alle origini della 'ndrangheta: la picciotteria, op. cit. - Archivio di Stato di Catanzaro, Corte d'Appello delle Calabrie, Sentenze Penali, 1892, vol. 336, 9 settembre
 

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(1) Al Prefetto della Provincia
Iatrinoli : paese di circa 3000 abitanti : paese sempre concorde e pacifico da cinque anni a questa parte per una associazione di malfattori camorristi chiamati in paese picciotti si trova al maggior segno demoralizzato. Spesso nelle pubbliche vie e piazze succede la tirata (i) per mantenere il pubblico in aggitazione e mostrare nel tempo stesso che la setta nulla teme: la tirata viene fatta ad arte picciottesca e succede senza ferimento quindi impunita. Questi fatti ripetuti e senza puniti, scandalizzano il cittadino : il giovine, più il ragazzo dico ragazzo. Il Calabrese (...) vedendono che restano impuniti : Il furto : La violazione del tetto coniugale e l'attentato al pudore ! ! ! (...) sperezza qualunque diritto, in guisa che la setta ororamai si estesa su lunga scala. Ogni giorno si battezzano picciotti facendo lauti pranzi : e se così continuerà per l'anima del sindaco : che San Filippo Neri Patrono del paese si farà battezzare picciotto (...).
Archivio di Stato di Reggio Calabria, Gabinetto di Prefettura, Inventario 34, B 52, fascicolo 691, in Antonio Nicaso, Alle origini della 'ndrangheta : la picciotteria. Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 1990, pag. 51.
 

(i) Era il caratteristico duello tra camorristi che si affrontavano tenendo in una mano un coltello, con l'impugnatura tra le dita, lontano dal palmo (quasi come un rasoio) e nell'altro uno specchio con cui abbagliare l'avversario e renderne meno efficace la difesa. Uno scontro dove agilità ed abilità si mischiavano alla ferocia (non erano scontri all'ultimo sangue, ma miravano soprattutto ad infliggere agli avversari ferite al volto, ad indelebile ed inequivocabile segno della sconfitta) e che spesso regolava sul campo contrasti sorti nella gestione delle attività illecite.
Diego Minuti e Antonio Nicaso, 'Ndranghete : le filiali della mafia calabrese, con prefazione di Gianni De Gennaro, Monteleone, Vibo Valentia, 1994.

(2) Il primo codice della picciotteria venne scoperto a Seminara dal maresciallo dei reali carabinieri Michele Mocchetti (e non dal brigadiere Antonio Boarzi come si è sempre erroneamente ritenuto). La conferma si trova in una sentenza del Corte d'Appello delle Calabrie (Archivio di Stato di Catanzaro, Sentenze Penali, 1897, vol. 364, 31 maggio), nella quale, tra l'altro si legge: "L'associazione (...) come ebbe a scovrirsi di poi, aveva uno statuto contenente tutte le regole, sia in rapporto all'ammissione di coloro, che intendevano prendervi parte ed indicati di poi col nomignolo di Picciotto, sia in rapporto agli obblighi inerenti, ed ai lucri e prebende, che si ripartivano a secondo i gradi (...), ed in maniera che il segno distintivo denominato il Tatuaggio indicava proprio l'avvenuta ammissione".

Antonio Nicaso, Alle origini della 'ndrangheta : la picciotteria, op. cit. pagg. 12-13. Diego Minuti, Antonio Nicaso, "Ndranghete : le filiali della mafia calabrese, op. cit. pag. 35