Corriere della Sera del 22/10/2005
Il personaggio / Domenico Crea è il primo dei non eletti in Regione: «Francesco era un mio grande amico»
Il successore di Fortugno: «Potrei rinunciare. Non sono mafioso ma nemmeno eroe» «Non ho macchie, qui si respira 'ndrangheta. Nessuno di noi politici è libero»
Marco Imarisio

MELITO PORTO SALVO (Reggio Calabria) - L'uomo nero dice che ci sta pensando. «Non ho ancora fatto una scelta, ma ho grossi dubbi. A questo prezzo, non voglio fare politica». Il dottor Domenico Crea, un uomo elegante, capelli e baffi brizzolati, ha gli occhi lucidi da almeno dieci minuti. Si sforza di non piangere. Nella sua casa di Melito Porto Salvo non vola una mosca, la moglie e i due figli ascoltano in silenzio. Da cinque giorni, dalla morte di Francesco Fortugno, Crea è il cattivo di questa storia. «Di questa e anche di altre, una specie di "uomo nero". Da molti anni, ad essere corretti. So perfettamente quel che si dice di me». Certe volte le parole hanno un peso specifico superiore a quello reale, dipende dalle circostanze. E oggi la frase «subentrerà nell' incarico» pesa una tonnellata. Toccherà a Crea, primo dei non eletti per una manciata di voti, prendere il posto di Fortugno in Consiglio regionale: «Ma sinceramente ho davvero molti dubbi, sono tormentato». L' uomo non è stupido. Ha letto alcuni giornali, ha fiutato l' aria. Il sospetto è un venticello che in Calabria può assumere dimensioni da tornado. Ci pensa lui a tagliare corto: «Ma davvero c' è qualcuno che può seriamente pensare a me come mandante occulto dell' omicidio di Francesco? Davvero qualcuno può concepire una simile bestialità?». In realtà, Crea sa bene che il problema è molto più complesso, come ogni cosa qui in Calabria. Sa bene di essere un uomo politico molto discusso, con fama di amante del quieto vivere. «Voglio essere chiaro. Io non sono un mafioso, ma neppure eroe. Vivo in un territorio non bello, e non è come immaginate voi nel resto d' Italia. Qui si deve sopravvivere. Qui non c' è bianco o nero, è tutto grigio. E io non voglio essere colpito, da una parte o dall' altra». Domenico Crea è nato e vive a Melito Porto Salvo, una città di 13.000 abitanti a 40 chilometri da Reggio Calabria. Ha 54 anni, più giovane di qualche giorno di Domenico Fortugno («Un uomo mite, un amico semplice») con il quale si conosceva dai tempi dell' università a Messina. Come politico, dice di essere sempre rimasto fermo, sono gli altri che si muovono. «Io sono stato, sono e sarò un democristiano». Laureato in medicina, fa politica da anni. Esordio come consigliere a Melito nel 1988, quando la giunta venne sciolta una prima volta per infiltrazioni mafiose («Ma io ero all' opposizione, feci causa per tutelare il mio nome e la vinsi»), poi in Provincia con i Popolari, assessore regionale all' Urbanistica per il Ccd, all' Agricoltura, ai Trasporti, sempre con giunte di centrodestra compresa la penultima, per l' Udc da cui poi ha divorziato «perché gli equilibri non erano quelli di prima». Quest' anno ha trovato rifugio nella Margherita. «Chieda in giro di me, io non ho macchie». Vero. Indagato due volte, mai condannato, neppure processato. Nel 2003 la Procura di Reggio Calabria ne chiese l' arresto (e non l' ottenne) per avere avanzato una proposta di finanziamento a favore di personaggi non proprio specchiati e riconducibili alla cosca Morabito. «Questa terra è piena di gente che si maschera, e non sempre la buonafede aiuta a capire. Come politico, purtroppo è possibile fare gli interessi di qualcuno anche senza saperlo». Melito Porto Salvo è la città degli Iamonte, una delle cosche più potenti della zona. E in passato un paio di pentiti hanno riferito di contatti tra Crea e alcuni esponenti dei clan. «Mai provato nulla. Ma siamo sinceri: ho conosciuto e conosco tanta gente. Non escludo di aver parlato in vita mia con persone poco pulite, senza sapere che lo fossero. Nella cerchia delle persone che ti votano ci può anche essere gente non seria. E a un politico può succedere di incappare in queste persone. Qui la contaminazione della mafia è totale, si respira ' ndrangheta». Ai funerali di Fortugno non c' è andato. Era in lutto, il giorno prima ha dovuto seppellire suo padre Antonio. «Lo scriva, per favore, perché qui anche le assenze si notano». Mentre parla, Domenico Crea si tamburella di continuo la fronte con le dita, non riesce a tenere le mani ferme, si tormenta i polsini della camicia. «Vuole la verità? Nessuno di noi è libero, come politici siamo tutti deboli davanti a un potere enorme». Il medico di Melito Porto Salvo ci tiene a ribadirlo. Pensa davvero di rinunciare a quel posto che gli spetta. Amicizia a parte, la morte violenta di Fortugno lo atterrisce: «La vita è cosa sacra, unica». Proprio per questo, né mafioso né eroe. Soltanto uno che «in modo serio e coerente cerca di stare a galla».